Dolori alle ossa? Colpa dell’evoluzione

Dolori alle ossa? Colpa dell’evoluzione

È legata all’evoluzione la sensazione di dolori alle ossa e articolazioni del nostro corpo: la rivelazione arriva da uno studio dell’Università di Oxford, che lancia anche un allarme. Secondo i ricercatori, infatti, in futuro queste patologie potrebbero ulteriormente aumentare.

Un dolore lancinante, che spesso si collega al cervello e ci fa star male: chiunque abbia provato fastidi o dolori alle ossa e articolazioni del corpo sa bene di cosa parliamo, e da oggi può individuare un nuovo responsabile per queste problematiche, che, come spiega il portale di Tcio, per fortuna possono essere affrontate anche senza ricorso alla chirurgia, grazie alla osteopatia. È infatti l’evoluzione umana che ha portato alla comparsa dei fastidi, almeno secondo quello che è stato rivelato e riscontrato da una ricerca inglese.

Il dolore alle ossa è in aumento. Sono stati i ricercatori della storica Università di Oxford, nel Regno Unito, a mettere in correlazione questi problemi con l’evoluzione, spiegando inoltre che in futuro il rischio dell’insorgere del disturbo potrebbe ulteriormente salire. Il direttore del team di studio, Paul Monk, ha spiegato che “nelle cliniche ospedaliere vediamo ogni giorno persone affette da dolore alla spalla che si propaga alla testa, dolore situato nella parte anteriore del ginocchio, artrosi dell’anca, e nelle persone più giovani osserviamo che alcune articolazioni hanno la tendenza a saltare fuori”, come riportato in un recente articolo sul Sole 24 Ore.

Sguardo al passato. Queste considerazioni hanno fatto scattare l’interesse dei ricercatori, che si sono “chiesti quale fosse l’origine di questa bizzarra disposizione delle ossa e delle articolazioni che provoca tutti questi problemi alle persone. E abbiamo capito che per scoprirlo bisognava guardare al passato, ricostruendo i cambiamenti che si sono verificati durante l’evoluzione umana”. E così il team di scienziati è partito all’analisi delle mutazioni che nel corso dei millenni hanno interessato la struttura delle ossa del corpo, analizzando oltre 300 reperti appartenenti a specie diverse, custoditi presso il Museo di storia naturale di Londra e lo Smithsonian Institution di Washington.

Fattore evoluzione. Questi resti, che coprivano un arco temporale di 400 milioni di anni, sono stati scansionati e riprodotti in modelli tridimensionali, che hanno consentito agli studiosi di ricostruire minuziosamente le modifiche che avevano colpito le singole ossa nell’arco di milioni di anni. Alla fine dell’analisi è emerso che i primi cambiamenti sono cominciati a farsi notare quando gli esseri umani hanno smesso di muoversi a quattro zampe, assumendo la posizione eretta e camminando quindi in piedi. Proprio in questa fase, infatti, il collo del femore è cresciuto in maniera maggiore per poter sostenere il peso superiore che gravava sulla gamba.

Spalla e femore sotto osservazione. Gli esperti di Oxford hanno correlato queste informazioni con gli studi che dimostrano come un maggiore spessore del collo del femore sia proprio associato a un maggior rischio di sviluppare l’artrite, che secondo gli scienziati sarebbe uno dei motivi predominanti per i quali gli esseri umani sono così sensibili al dolore all’anca. Nello stesso periodo, poi, anche l’articolazione della spalla ha subito una modifica: in particolare, si è ristretto lo spazio attraverso cui passano tendini e vasi sanguigni, provocando un aumento delle probabilità di soffrire di dolori alle spalle. E questa scoperta potrebbe anche motivare la ragione per cui il dolore si propaga fino a raggiungere la testa.

Dal passato al futuro. Completata l’indagine sulla storia delle ossa umane, i ricercatori inglesi hanno poi impiegato i dati a disposizione per provare a predire quale forma le ossa umane potrebbero avere fra 4 mila anni, con tutte le variabili, le incognite e le possibilità del caso (comunque incluse nel modello di predizione). In definitiva, secondo i ricercatori, gli uomini del futuro potrebbero essere soggetti in maniera ancora più critica a dolori a ossa e articolazioni; come conclude il professor Monk, “è interessante constatare che se cerchiamo di proiettare queste tendenze nel futuro, scopriamo che il femore dovrebbe avere un collo ancora più ampio e che l’artrite dovrebbe essere ancor più diffusa”.