Nanoplastiche: trovati frammenti anche nelle capesante

Capesante nanoplastiche

Minutissimi frammenti di plastica possono penetrare negli organismi marini. E’ quanto emerge da uno studio internazionale condotto dalla università inglese di Plymouth, che ha preso in esame le capesante dell’atlantico. Ma andiamo a considerare nel dettaglio quanto è emerso da questa ricerca.

Nanoplastiche: è emergenza

I ricercatori dopo aver esposte le capesante per 6 ore alle nanoplastiche in laboratorio hanno osservato che questi molluschi accumulavano dei frammenti in organi molto importanti, quali intestino e rene. In particolare lo studio ha dimostrato la presenza di nanoparticelle dal diametro di 250 nanometri (0,00025 millimetri) nell’intestino delle capesante.

Frammenti da 20 nanometri (0,00002 millimetri) invece sono stati riscontrati nel resto del corpo. Riguardo ai tempi di eliminazione di questi elementi dagli organismi marini, i frammenti di nanoplastiche più piccoli non risultavano più presenti nelle capesante a 14 giorni dopo dall’esposizione. Quelli più grandi invece sono scomparsi solo dopo 48 giorni.

Nanoplastiche nelle capesante: le conclusioni della ricerca

La riceratrice e autrice principale ha spiegato che lo studio:

“dimostra che le nanoparticelle possono essere assorbite rapidamente da un organismo marino, e che in poche ore vengono distribuite attraverso la maggior parte degli organi principali”.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Environmental Science & Technology. Sempre riguardo alla contaminazione degli alimenti da microplastiche e nanoplastiche, nel 2016 Peter Hollman, ricercatore capo presso l’istituto di ricerca RIKILT, è stato intervistato riguardo alla tossicità delle microplastiche. Circa la pericolosità per i consumatori, così si è espresso:

“È troppo presto per dirlo, ma sembra improbabile, almeno per le microplastiche. Una potenziale preoccupazione riguarda le elevate concentrazioni di agenti inquinanti quali i policlorobifenili (PCB) e gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), che possono accumularsi nelle microplastiche. Potrebbero anche esserci residui di composti utilizzati negli imballaggi, come il bisfenolo A (BPA). Alcuni studi indicano che le microplastiche, dopo il consumo negli alimenti, possono trasferirsi nei tessuti. È quindi importante stimare l’assunzione media”