Erba gatta: ricercatori studiano come usarla per il trattamento dei tumori

Tumori nuove cure

L’erba gatta torna a destare interesse da parte della scienza. In particolare una sostanza contenuta in questa pianta che fa letteralmente impazzire i mici di casa, potrebbe essere impiegata nel trattamento delle patologie tumorali. A scoprirlo i ricercatori del John Innes Center di Norwich.

Erba gatta: perché potrebbe rivelarsi utile nel trattamento del cancro

L’erba gatta, il cui nome scientifico è Nepeta cataria, è nota per i suoi effetti euforizzanti e inebrianti. Tali effetti si devono ad una sostanza chiamata nepetalattone, che appartiene alla classe degli iridoidi. Tale sostanza manda in sollucchero i mici in quanto è molto simile ai feromoni che producono questi animali.

I ricercatori hanno scoperto in che modo viene prodotto dalla pianta questo metabolita secondario, che ha una funzione difensiva e protettiva per la pianta stessa. Questo composto eccitante viene prodotto in due fasi da due enzimi. Così spiegano i ricercatori:

“Un enzima attiva un composto precursore che viene poi afferrato da un secondo enzima per produrre la sostanza di interesse. Questo processo in due fasi non è mai stato osservato in precedenza e i ricercatori si aspettano anche che qualcosa di simile si verifichi nella sintesi di farmaci anti-cancro vincristina e vinblastina pervinca del Madagascar, Catharanthus roseus, e altrove in oliva e bocca di leone

I ricercatori intendono:

“usare i meccanismi scoperti per arrivare a creare composti utili che possono essere utilizzati nel trattamento di malattie come il cancro”.

Tali alcaloidi risultano presenti anche in altre piante, ad esempio nella vinca rosea (Catharanthus roseus), conosciuta anche pervinca del Madagascar, che produce la vincristina e la vinblastina, dalle note proprietà anti-tumorali.

Tuttavia si tratta di molecole difficili da sintetizzare, per cui si riesce ad estrarne pochi grammi da piante coltivate specificamente a tale scopo. Se con le biotecnologie si riuscisse a potenziarne la sintesi, in futuro queste molecole anti-cancro si potrebbero utilizzare in maniera più proficua ed efficiente. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Chemical Biology.