Ventinove anni fa veniva assassinato Giancarlo Siani, giovane giornalista precario del quotidiano napoletano Il Mattino. Anzi, un “giornalista giornalista” – per usare una delle migliori frasi del film Fortapàsc (2009) – ucciso dalla criminalità organizzata per aver scelto di raccontare la verità, per aver indagato, con coraggio e determinazione, sulla camorra e sugli stretti rapporti fra politica e criminalità, fino a pagare con il prezzo più caro.
Giancarlo Siani aveva compiuto 26 anni il 19 settembre, pochi giorni prima, quando fu ucciso sotto casa, a Napoli, nella sua Citroën Méhari verde con capote a tela. Un’auto che è diventata un simbolo vivente: la Méhari di Siani, proprio quella che il giornalista guidava ogni giorno per recarsi in redazione, è stata fatta ripartire esattamente un anno “per far ripartire anche la speranza”. E la legalità.

Oggi, in occasione del ventinovesimo anniversario della sua morte, si terrà la nona edizione del Premio Giancarlo Siani, riconoscimento istituito nel 2004 per ricordare il giovane giornalista. Ed insieme a lui, si ricordano tutti i giornalisti uccisi dalla mafia e dal terrorismo, tutti quegli eroi che rischiano la vita in nome della verità, per quanto scomoda sia. A Giancarlo Siani ed alle vittime innocenti della criminalità sarà dedicata una mostra – inaugurata oggi alle 17.30 – presso il PAN, il Palazzo delle Arti di Napoli, dove un anno fa fu esposta la mitica Méhari verde.