Semi di cannabis autofiorenti: cosa sono e vantaggi

Negli ultimi anni, è cresciuto notevolmente l’interesse per la coltivazione di cannabis che, tenendo conto del limite di THC che non può superare lo 0,2%, può essere gestita anche da chi non è un agricoltore professionista. Tra le numerose alternative a cui si può fare riferimento rientrano i semi autofiorenti. Di cosa si tratta? Perché sono molto apprezzati? Nelle prossime righe di questo articolo, rispondiamo assieme a queste domande.

Semi di cannabis autofiorenti: di cosa si parla di preciso?

La principale caratteristica dei semi di cannabis autofiorenti è la loro capacità di portare a una fioritura delle piante in 2/4 settimane. Entrando nel vivo delle loro peculiarità, è doveroso fare presente che si tratta di semi frutto dell’incrocio tra la cannabis sativa o indica e la genetica ruderalis. Parlare della sua provenienza significa guardare a zone del mondo dal clima particolarmente rigido, come per esempio la Siberia.

Come mai si ha a che fare con un incrocio? Il motivo è legato al fatto che, da sola, la genetica ruderalis presenta criticità non indifferenti. Tra queste, è possibile citare la produttività non soddisfacente. Grazie alla ricerca botanica che è realtà da diversi decenni, è stato possibile scoprire che, procedendo con l’incrocio sopra ricordato, si riescono a ottenere delle fantastiche sementi autofiorenti e a bypassare problematiche che comprendono anche la fioritura di piante troppo piccole.

Tornando alla fioritura, è bene specificare che, già dopo 20/25 giorni, è possibile notare i primi segni di presenza della pianta. I coltivatori che si trovano in questa situazione devono fare molta attenzione affinché nell’ambiente in cui la pianta è collocata ci siano delle condizioni climatiche e d’illuminazione ottimali. Il motivo è molto semplice: dato che si parla di un ciclo di fioritura estremamente breve, è necessario massimizzare il tempo.

Esistono dei periodi migliori degli altri per piantarli?

Soprattutto tra i coltivatori domestici che hanno a disposizione spazi indoor non sempre grandi, gli interrogativi sui semi autofiorenti di cannabis sono numerosi. Tra questi rientra la presenza, nel corso dell’anno, di momenti specifici per piantarli. In merito ci sono diversi punti di vista. Uno dei più diffusi è quello che raccomanda di piantare i semi in questione all’inizio dell’estate.

I vantaggi

Quali sono i vantaggi del ricorso ai semi autofiorenti di cannabis? Oltre alla già citata fioritura rapida, spicca la possibilità di non doversi impegnare eccessivamente la regolazione dell’illuminazione nella sopra citata fase. Quest’ultimo aspetto, invece, richiede molta cura nelle situazioni in cui si ha a che fare con le cosiddette varietà fotoperiodiche.

Si potrebbe andare avanti ancora molto a parlare dei motivi per cui vale la pena prendere in considerazione nel proprio percorso di coltivazione della cannabis i semi autofiorenti. Soluzione particolarmente adatta a chi è alle prime armi, questa tipologia di sementi si contraddistingue anche per la mancanza di sostanziali differenze rispetto alle sementi femminizzate per quanto riguarda l’aroma, un aspetto basilare per chi ama la cannabis.

Che terreno utilizzare?

L’oggettiva praticità dei semi di cannabis autofiorenti non mette in secondo piano la necessità di curare diversi dettagli, come per esempio la scelta del terreno migliore da utilizzare. Secondo gli esperti, l’opzione da considerare in questi frangenti è un terriccio il più soffice possibile. Se si ritiene che il drenaggio non è sufficiente, si può optare per l’aggiunta di perlite. Di cosa si tratta di preciso? Di una sostanza inerte – il suo pH è pari a 7 – derivante dall’ossidiana.

Nel momento in cui la si aggiunge, è cruciale assicurarsi che rappresenti non meno del 10 e non più del 50% del volume complessivo della miscela in cui le piante crescono. Se si ha intenzione di ottimizzare la ritenzione idrica e non si ha molto tempo per procedere all’utilizzo di sostanze nutritive, il consiglio è quello di mantenersi tra il 10 e il 20%.