Adaptor: indonesiani dall’animo death metal

L'Indonesia sembra esser così lontana dall'Europa, eppure il Death metal spopola.

Adaptor in concerto
Adaptor in concerto

Se chiediamo ad un appassionato di death metal la provenienza delle sue band preferite dei primi anni ’90, molto probabilmente ci risponderà: Svezia, Finlandia, Stati Uniti, Germania, Francia, oppure Olanda… pochi ci racconteranno che anche nella lontana Giakarta, in Indonesia, muovevano i primi passi già nel 1991 gli Adaptor!

Durante i primi anni di attività, la band, che nel repertorio alternava canzoni proprie a cover dei seminali Terrorizer, vide moltissimi cambi di formazione, fino a raggiungere una certa stabilità nel 1993, che gli permise di registrare il primo demo tape, “Lost control”, contenente 4 tracce di puro death metal e stampato solo in poche copie.

Tra il 1996 ed il 1997 gli Adaptor videro nuove alternanze nella line-up, fino all’uscita del mini album “Inner death“, stampato in 400 copie, 6 canzoni all’insegna del genere “aggressive death metal”, definizione coniata dagli stessi membri della band. Dopo la partecipazione alla compilation di gruppi indonesiani “Metaliklinik 3” con uno dei loro cavalli di battaglia, la slayeriana “Pembalasan” (Rappresaglia), investita da nuovi problemi di instabilità della formazione, la band si scioglie e resta inattiva fino al 2010.

Per mano di Hendra (voce), Barock (chitarra), Jalloud (basso) e Hamzah (batteria), gli Adaptor tornano lentamente alla vita e trovano finalmente la solidità indispensabile per realizzare nel 2013 il terzo lavoro: “Destroyer characters“. La loro musica è orientata verso il death metal old school, soprattutto per quel che riguarda la distorsione della chitarra ed il classico cantato a “lavandino che rutta”. Evidenti sono i richiami agli Obituary, soprattutto quelli post “World demise”.
Leggere poi che i nostri vantano qualcosa come 171 concerti tra Indonesia e nazioni limitrofe, ci fa rendere conto di come questo movimento musicale sia forte, vivo e seguito in tanti altri angoli di mondo e non solo in quella manciata di nazioni indicate, anche se a ragione, come le “scene dominanti” del genere.

Barbara Andreini