La fortuna aiuta gli audaci e Carlo Freccero azzarda ancora su Rai Due, sempre più sua creatura: questa sera andrà in onda Maledetti Amici Miei, con Giovanni Veronesi, Alessandro Haber, Rocco Papaleo, Sergio Rubini e la partecipazione di Margherita Buy e Max Tortora. La regia è di Cristiano D’Alisera, prodotto per Rai2 da Ballandi.
Il pubblico assisterà a gag, sketch, battute, ma anche a ospiti speciali che ogni puntata interagiranno insieme ai padroni di casa. Nella prima puntata ci saranno Carlo Verdone e Giuliano Sangiorgi, quest’ultimo autore della sigla finale dello show. E pensare che è nata quasi per scherzo.
Veronesi l’ha invitato alla trasmissione e mostrato delle cose, compresa la sigla iniziale firmata da Paolo Conte, e Giuliano lo provocò chiedendogli se per caso gli toccasse fare il giullare. Questi ha rilanciato chiedendogli la sigla di chiusura: tempo pochi minuti ed era pronta. Il titolo del programma gli ha immediatamente innescato qualcosa, non solo per il riferimento al film. Nel pezzo Giuliano Sangiorgi racconta di Giovanni Veronesi, toscanaccio squisito, rompiscatole di cui non può fare a meno.
“È l’artefice di molti danni nella mia vita…”
Ovviamente, il tono è scherzoso. Nel 2017 il frontman dei Negramaro firmò la colonna sonora di Non è un Paese per Giovani diretto dal noto regista. La ballad appena realizzata, condivisa su WhatsApp con gli altri componenti della band, è romantica, ma contemporaneamente spigolosa.
Nel testo Giuliano Sangiorgi parla di amici che vivono la notte, una testimonianza autobiografica. Non si discosta mai dalla realtà. Pure nel momento in cui l’opera commissionata da un mecenate – spiega – l’artista non può dissociarsi dalla realtà: deve convogliarla nei 3 minuti di una canzone o in una pennellata su tela. E l’epoca vissuta, a propria volta, offre spunti.
I social, a suo dire, influiscono sulle opere. Sono tutti veicolati verso i gusti dei social, col rischio di omologare tutto quanto, pertanto mentre scrive un album stacca.
Generalmente considera insopportabile la trasformazione di quello che accade in meme. Riducono ogni cosa a una scena buffa, a un gattino, a uno che fa un’espressione strana.
Anche la musica è standardizzata, tragica nell’estate 2019. Non contesta il reggaeton, ma in Italia c’erano una quindicina di pezzi che poteva cantare una sulla base delle altre. E boccia il giro armonico, sempre lo stesso.
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