Nulla può competere con il dolce sapore di casa. Gabriele Muccino lo sa bene, visto che, dopo aver conquistato il mondo, ha ripreso il posto che da sempre gli compete nella cinematografia italiana.
Tra i migliori esponenti della sua generazione, questo sabato a Verissimo presenterà il suo nuovo film, intitolato Gli anni più belli. Italianissimo il cast, composto da Pierfrancesco Favino, Kim Rossi Stuart, Micaela Ramazzotti, Claudia Santamaria, Emma Marrone (anch’essa presente negli studi di Silvia Toffanin) e molti altri.
Che le grandi produzioni statunitensi si siano dimenticati di Gabriele Muccino? Pare improbabile, date anche alcune dichiarazioni da egli rilasciate durante la presentazione di Padri e Figli. Sbarcare nel patinato mondo di Hollywood lo ha, ovviamente, reso orgoglioso, tuttavia nella mega industria dell’intrattenimento a stelle e strisce si corrono grossi rischi.
Oggi – lamentava Muccino – gli studios girano film per vendere giocattoli: Star Wars, l’universo Marvel, e i vari franchise, come Twilight o Hunger Games, fino a Mary Poppins. Si avvitano su loro stessi, una cosa che ciclicamente avviene dalle loro parti. Sebbene, a primo acchito, le parole di Gabriele Muccino possano sembrare delle critiche, la sua era semplice consapevolezza.
Suffragata dallo svolgersi degli eventi, con le pellicole targate Marvel ancora oggi in continua uscita. Da parte sua “Muccino Senior” sente di aver commesso un errore: credere che Hollywood fosse quella in cui lo aveva introdotto Will Smith in La Ricerca della Felicità, invece poi gli hanno legato le mani in ogni modo.
Ad esempio in Quello che So sull’Amore, il protagonista Gerard Butler si scriveva letteralmente le scene, e desiderava recitare a modo suo, mentre lui doveva solamente lasciargli fare. Con quell’opera ha avuto un sacco di problemi.
L’esperienza complicata ha fortificato Gabriele, una garanzia in termini di incassi. Si sarebbe potuto adagiare sugli allori, prendere in mano qualcosa tipo Twilight. Il suo essere regista è, tuttavia, pilotato esclusivamente dall’urgenza di raccontare qualcosa di personale.
Per usare un’espressione tanto popolare tra gli addetti ai lavori, fa film d’arte, difficili da mettere assieme, ma che quando capitano gli fanno brillare gli occhi. Ed infatti lo stesso Gli Anni più Belli costituisce un racconto intimo, dove i sentimenti la fanno da padrone.
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