Le protesi al seno potrebbero aumentare il rischio di sviluppare un raro tumore al seno, oltre che patologie autoimmuni. E’ quanto emerge da una inchiesta condotta dall’International Consortium of Investigative Journalists, che ha visto l’impegno e la collaborazione da parte di giornalisti di tutto il mondo.
In particolare in questi ultimi anni è aumentato il numero degli studi che hanno dimostrato che le protesi al seno aumentano il rischio di sviluppare un linfoma a grandi cellule anaplastico, un raro tumore. Suzanne Turner dell’università di Cambridge così ha dichiarato alla Bbc:
“Il possibile legame con il tumore ci preoccupa. Il rischio è piccolo ma è un rischio su cui dovremmo investigare e di cui dovremmo essere informati”.
in particolare già nel 2011 la Food and Drug Administration (FDA), ha segnalato un aumento anomalo dei casi di questo raro tumore ( ALCL) nelle pazienti che avevano protesi mammarie per fini riscostruttivi o estetici. Nel 2013 un primo censimento ha portato alla scoperta di circa 130 casi nel mondo. Negli anni si è andato incontro a un aumento fino ad arrivare ai 359 casi del 2017.
L’aumento di questo rischio per i tumori riguarda l’utilizzo delle protesi ruvide, che risultano quelle di maggiore utilizzo in tutto il mondo. A detta dei chirurghi, garantiscono un risultato più naturale e un minore rischio di complicazioni. Tuttavia le protesi impiantate sotto la mammella, vengono riconosciute come estranee da parte dell’organismo.
Ciò scatena il sistema immunitario che porta alla formazione di una cicatrice interna intorno alla protesi. Talvolta però, sia pure raramente, può accadere che nello spazio tra la cicatrice e la protesi si sviluppi questa forma rara di cancro noto come BIA-ALCL, ovvero legato alla protesi mammaria. Il pericolo nasce soprattutto quando le cellule tumorali che proliferano tra la protesi e la cicatrice, si diffondono in altre parti del corpo, dando origine al linfoma vero e proprio.
Con la rimozione della protesi è possibile guarire del tutto. Tuttavia se il problema non viene diagnosticato per tempo, vi è il rischio che il tumore possa diffondersi. In tal caso bisogna procedere con trattamenti più impegnativi, ad esempio con la chemioterapia.
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