Lo scorso 20 novembre sono stati condannati a morte quasi 1000 cani randagi a Uzuno, in Romania, da Fugasin, il proprietario del rifugio privato Dogtown. Il motivo? 1600 cani da mantenere sono troppi e costano; verranno risparmiati solo i 500 cani ‘sponsorizzati’ da privati che sborsano soldi per cercare di trovare loro una casa. Una politica imprenditoriale e senza scrupoli quella della Dogtown; e se sappiamo che in paesi come la Romania la soppressione dai cani randagi è legale e all’ordine del giorno, non dimentichiamo che anche in paesi come l’Italia, che si definiscono civili, esistono canili privati che soggiacciono alle stesse regole del soldo: ma al contrario! Più cani ci sono, più il Comune e le associazioni animaliste pagano. Così cani su cani vengono ammassati in queste strutture dette non a caso canili lager, denutriti e in cattive condizioni igieniche, senza spazio, volontari che si occupino di loro o veterinari che ne monitorizzino lo stato di salute. Ma torniamo in Romania, dove tutto ciò non solo è la norma ma è accettato e condiviso da gran parte della popolazione. I cani di Dogtown sono stati condannati a morte e trasportati a gruppi di 170 presso il campo di sterminio di Bragadiru (la terminologia violenta non è esagerata, perché descrive quello che in realtà avviene). Trasporto e detenzione in tali campi sono a carico della società di accalappiacani ASPA, la quale ha fatto sapere che non manterrà i cani per più di 14 giorni. Questo è il tempo che ci resta per salvare la vita di questi randagi sfortunati e colpevoli di essere nati senza una casa a causa delle mancate campagne di sterilizzazione da parte dei Comuni. Si pensa infatti, che uccidere le comunità di randagi sia un buon modo di risolvere la questione; niente di più sbagliato. In un ecosistema gli esemplari sono in numero adeguato alle risorse (cibo, spazio e acqua). Se noi agiamo togliendo esemplari in una zona, il risultato sarà che in tale zona ci saranno abbondanti risorse, le quali attrarranno altre comunità di randagi e così via. La soluzione è la sterilizzazione: gli esemplari così continuano ad tenere occupato il territorio ma senza moltiplicarsi. I costi dell’accalappiacani, della detenzione e dell’abbattimento di colonie sempre nuove, sono di gran lunga superiori a quelli della sterilizzazione. Ma i governi di molti paesi non vogliono sentire ragioni e strumentalizzano l’opinione pubblica, aizzandola contro i randagi e depenalizzando qualsiasi maltrattamento e uccisione di animali randagi. Così la gente comune ammazza i randagi a costo zero. Complimenti, bella politica. Ma ora non serve indignarsi per questioni che già si conoscevano; serve adoperarsi per salvare questi 300 cani che presto diventeranno più di 1000. Infatti è sono previsti altri trasferimenti da Dogtown a Bragadiru da almeno 200-300 cani alla volta. Fugasin, contattato dalle associazioni animaliste ha dichiarato di non poter più gestire una spesa di 30 mila euro al mese e di dover drasticamente ridurre il numero di esemplari. Il signore non è nuovo a uccisioni e soppressioni sommarie, purtroppo: già nel mese di agosto 50 cani sono stati uccisi con la scusa che fossero malati gravi.
L’attore americano Steve Aokin Seagal, sensibile alla causa, ha adottato uno dei trovatelli di Dogtown e finanziato, con ragguardevoli somme di denaro e tonnellate di cibo, il rifugio nella speranza di aiutare i cani in difficoltà. Ma Fugasin sembra deciso a non tornare sui suoi passi.
Per fortuna la Romania è ricca di attivisti e animalisti che giornalmente si battono per fermare barbarie come queste e hanno chiamato a raccolta tutti i colleghi europei e non, attivando la seguente petizione che potete firmare:
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