Dopo aver praticato una attività fisica, bere una bibita gassata non sarebbe molto indicato per la salute. A metterlo in evidenza uno studio condotto dai ricercatori della University di Buffalo di New York.
Sport e bibite gassate: ecco cosa possono compromettere
I ricercatori hanno evidenziato che bere bevande frizzanti mentre facciamo dell’attività fisica quando le temperature sono molto elevate, può rivelarsi dannoso per i nostri reni. Gli autori delllo studio hanno preso in esame un gruppo di di volontari che hanno svolto il seguente programma di allenamento: un’ora di esercizi sul tapis roulant e tre diversi esercizi relativi al sollevamento pesi. L’attività fisica è stata svolta in un ambiente con una temperatura di 37 gradi.
Dopo i primi 45 minuti i partecipanti hanno fatto una pausa di 15 minuti nel corso della quale potevano rinfrescarsi a scelta o con un drink, oppure un succo o dell’acqua. Dopo la pausa hanno ripreso gli esercizi per altre tre sedute intervallati dai break, per un totale di 4 ore. Poco prima della fine dell’attività, i ricercatori hanno chiesto ai partecipanti di bere l’ultimo sorso della loro bevanda.
I ricercatori hanno quindi misurato alcuni parametri indicativi dello stato di salute. In particolare: temperatura corporea, frequenza del battito cardiaco, peso, pressione arteriosa e marcatori delle patologie renali. A questo esame son stati sottoposti tutti i volontari, sia subito dopo l’attività fisica che 24 ore dopo.
Bevande gassate fanno male ai reni
Dai risultati è emerso che i partecipanti che appartenevano al gruppo delle bevande frizzanti e dei succhi di frutta presentavano livelli più elevati dei marcatori dei problemi renali. Ciò non è stato evidenziato in chi ha consumato della semplice acqua minerale.
Così hanno concluso i ricercatori:
“Ora abbiamo bisogno di effettuare ulteriori studi sugli effetti a lungo termine del consumo di questi drink durante l’attività fisica, e il loro legame con il rischio di sviluppare malattie renali”
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista American Journal of Physiology.